Ormai da mesi prosegue l’intensa attività eruttiva dell’Etna con milioni di metri cubi di materiale effusivo riversato sui Paesi etnei. Una situazione diventata ormai insostenibile per i sindaci che con enormi difficoltà riescono a ripulire le strade dei loro comuni dalla cenere vulcanica. Gli abitanti dell’hinterland etneo sono disperati. La cenere vulcanica caduta copiosamente negli ultimi tempi ha ricoperto tetti e soprattutto grondaie. Non tutte le famiglie in questo particolare momento storico, già sfiancate dall’emergenza pandemica, riescono a far fronte alle spese di pulizia di tetti e grondaie. Nei giorni scorsi il Presidente della Regione Siciliana ha comunicato, con una conferenza stampa, che il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile ha stanziato per far fronte all’emergenza cenere vulcanica un finanziamento di cinque milioni di euro. Un importo che, tuttavia, a detta di molti sindaci non è sufficiente a coprire i costi dello spazzamento della cenere. I comuni più virtuosi come, ad esempio, Gravina di Catania, hanno anticipato con i propri fondi comunali i soldi per la pulizia delle strade. In particolare, il comune di Gravina, a fronte di centosessantamila euro spesi finora per lo spazzamento della cenere, ne ha ricevuti dalla Regione Siciliana, fino a questo momento solo ottomila. Un problema che si riscontra in tutti i comuni pedemontani che stanno affrontando con enormi difficoltà l’emergenza cenere. Mascalucia che, a differenza di Gravina, non gode di ricche casse comunali, ha ricevuto finora dalla Regione Siciliana solo trentamila euro. Contributo insufficiente a coprire tutte le spese di spazzamento di un territorio comunale molto vasto. La soluzione al problema sarebbe semplice: istituire lo stato di calamità, ma ad oggi in questa direzione non c’è nessuna novità. Soltanto chiacchiere e proclami. Chi non vive ai piedi dell’Etna evidentemente non percepisce l’entità del problema cenere vulcanica, con cui sono costretti a convivere gli abitanti dei paesi etnei.